Fiorella, Lolita e la Renza arzille volontarie del cucito
REPUBBLICA, cronaca Firenze, martedi’ 24 luglio 2012
DAL NOSTRO INVIATO SIMONA POLI
CAPANNORI – La vita che ricomincia a settant’anni. Che rimescola le carte e offre una nuova occasione per mettersi in gioco, rendersi utili, svolgere un’attività che non prevede nessun compenso materiale se non la soddisfazione di aiutare chi da solo non ce la fa. Crisi e crolli di Borsa spaventano più i giovani di chi ha passato l’età della pensione da un pezzo. Così deve aver pensato il sindaco di Capannori Giorgio Del Ghingaro quando ha deciso di ricorrere a una squadra di arzille signore di Massa Macinaia, già impegnate nel volontariato, per creare un laboratorio di sartoria dove possano imparare a cucire ragazze con storie familiari difficili da superare, esperienze di tossicodipendenza alle spalle o comunque disoccupate con figli piccoli da mantenere.
Perché loro, le maestre di ago e uncinetto, hanno davvero le mani d’oro. Al comando delle operazioni c’è Renza Meacci («tutti sarti nella mia famiglia, da due generazioni», racconta) e con lei, nella canonica di San Giusto che il parroco don Luigi ha riadattato per l’occasione allestendo anche un baby parking, lavorano Fiorella, Lolita, Piera, Pierangela, Virgina, Simonetta, Giorgina, Marzia, tutte determinate a insegnare il mestiere a giovani alle prime armi. Senza cedimenti però: «Chi viene qui lavora con la testa china per otto ore, sia chiaro. Sennò noi che ci stiamo a fare?», avverte Renza mostrando un sontuoso abito da sposa di cui va molto orgogliosa che tiene esposto nell’atelier di Massa Macinaia. «Questa frazione», spiega Del Ghingaro, «è sempre stata popolata da grandi ricamatrici, è una tradizione artigiana che purtroppo si sta perdendo». Il sindaco che in Toscana ha già conquistato la leadership nella raccolta differenziata e nel riciclaggio dei rifiuti, è sempre a caccia di idee per affrontare le avversità economiche. Nel regime del “welfare fai da te” inventato a Capannori – dove alle aziende che assumono giovani e donne in cerca di lavoro il Comune regala una “dote” dai 3 ai 5mila euro – il laboratorio di San Giusto occupa un posto speciale, perché oltre a dare una mano alle ragazze funziona anche da potentissimo aggregante sociale. A bordo di un pullmino pagato dal Comune le allieve vanno a lezione due giorni la settimana, le insegnanti fanno trovare pronti caffè caldo e qualche biscotto, altre signore si occupano di far giocare i bambini che aspettano le mamme, insomma intorno alla ex canonica gravita un mondo affaccendato. «Non facciamo solo abiti», spiega Renza, «ma anche orecchini all’uncinetto, ricami su tovaglie e asciugamani, camiciee stole, portaoggetti, corredini. Quattro o cinque volte l’anno vendiamo la merce nei mercatini e tutto il ricavato lo diamo in beneficenza». Donne che aiutano donne ma non solo.
Anche qualche marito si è lasciato coinvolgere, c’è chi taglia l’erba del giardino, chi tiene puliti i locali, chi restaura vecchi mobili.
La rete degli over settanta sembra molto efficiente, magari la formula Del Ghingaro piacerebbe anche alla Fornero, chissà.